Prendi l’arte… e NON metterla da parte

Lavorare nei musei mi ha reso consapevole di una cosa: in Italia l’arte si mette da parte. O forse è così solo a Milano, città in cui io ho lavorato? Non lo so, sta di fatto che è così. Al di là dei metodi di conservazione delle opere d’arte su cui sono poco afferrata e che di conseguenza preferirei non giudicare in questa sede, ciò che più mi preoccupa è l’atteggiamento del pubblico nei loro confronti. Prima di lavorare nei musei milanesi ero fortemente convinta che a frequentare posti come musei e gallerie non fossero dei profani dell’arte, ma delle persone acculturate o comunque seriamente interessate a ciò che tali posti poteva loro offrire. In alcuni musei effettivamente si vede questo tipo di visitatori. Musei piccoli, un po’ nascosti, poco pubblicizzati. Tutti gli altri sono oggetto della clientela più varia. E tra questa clientela, ecco comparire visitatori… come dire… un po’ disinformati. Chi entra in un museo perché non ha nulla fare in un determinato momento della giornata e deve passare il tempo. Chi entra con tutti i buoni propositi e alla fin fine non sa nemmeno ciò che si trova di fronte. Non ha la minima idea di quale sia il periodo storico in cui certe opere sono state realizzate e da chi e pur in presenza di pannelli esplicativi, questi passano del tutto inosservati. O semplicemente la voglia di leggerli non c’è. Probabilmente, una loro eventuale lettura richiederebbe troppo tempo. A tal proposito, è interessante notare che ci sono persone che chiedono seriamente al custode quanto tempo ci vuole per visitare il museo o la galleria. La domanda che mi è sempre venuta spontanea è: il custode cosa dovrebbe rispondere di preciso? Di fatto il custode cerca sempre di dire quanto tempo ci si metterebbe ‘in media’. E’ anche vero però che ognuno di noi si concede il proprio tempo per visitare un luogo di cultura. Se una persona volesse stare mezzora davanti a un quadro sarebbe liberissima di farlo (basta rispettare l’orario di chiusura ovviamente). Io credo fortemente che dove c’è arte c’è sacralità e quindi dovrebbe esserci rispetto. Invece, spesso e volentieri, aleggia il solito clima milanese di frettolosità generale. Difficilmente i visitatori si staccano dal loro cellulare, tanto che a malapena si ricordano di metterlo sul silenzioso. Permane quell’impulso irresistibile di scattare una foto, anche quando è severamente vietato, piuttosto che contemplare un’opera con i propri occhi.

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Si schiamazza con l’amico o l’amica davanti a un’opera dicendo “ma cosa dovrebbe rappresentare?”, senza metterci il minimo impegno per dare anche solo una propria interpretazione personale. Diciamo semplicemente che nel nostro Paese l’arte si mette molto da parte e questo è un male. Un male vero. Sull’arte si deve investire, non solo perché così facendo il maggior numero di persone siano invogliate a pagare un biglietto, ma anche perché è necessario tutelarla. L’arte non è un pezzo di marmo, un olio su tela o un acrilico. L’arte è storia e come tale porta con sé tutte le emozioni e i sentimenti che l’hanno accompagnata. L’arte è una grande maestra, perché ci insegna che ci sono tanti punti di vista diversi con cui guardare il mondo. Ma soprattutto ci insegna che la cultura ci rende liberi, perché ci fa pensare con la nostra testa.

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L’arte è di tutti noi anche se non tutti riescono a capirla. L’arte è un bene prezioso che deve essere protetto, esattamente come si proteggerebbe una vita. E di cosa si nutre una vita? O meglio, cos’è che lascia le tracce di una vita? I ricordi, e l’arte equivale proprio a questi. Io ho scelto di essere una di quelle persone che non mette l’arte da parte ma se ne sente parte perché se senza vita non c’è arte, senza arte non c’è vita.

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