Film di Woody Allen a dir poco originale! Il regista newyorkese introduce ancora una volta in una sua creazione il tema della libera scelta e dell’ironia della sorte. Ma soprattutto ci mostra lo strano e misterioso rapporto che gli esseri umani hanno con la dea Fortuna. Siamo tutti in balìa del Caso, sovrano della nostra vita o siamo noi invece a disegnare il nostro destino? Per Woody Allen sono senz’altro valide entrambe le supposizioni. Il mondo non è solo dominato dal Caso o dalla Fortuna ma anche dalle scelte compiute o anche non compiute. L’irrational man che dà il nome alla pellicola in questione si chiama Abe Lucas ed è un professore universitario di filosofia. I riferimenti a filosofi molto noti come Kierkeggard, Kant e Sarte sono molto frequenti nel film. E perché proprio questi autori? Cosa hanno di speciale ai fini della storia? Diciamo che il loro pensiero pervade la vita dell’insolito professor Lucas, un ubriacone, con un passato di droga, estremamente cinico e pessimista. Insomma, un mai una gioia in carne ed ossa. Abe non riesce più ad appassionarsi a nulla. Non riesce più a insegnare, a scrivere il suo nuovo saggio e non riesce nemmeno più a fare l’amore. E’ un uomo disperato e secondo Kierkegaard la disperazione è il male peggiore che l’uomo possa affrontare. Come dice giustamente Abe però, il filosofo danese era molto credente e riponeva ogni speranza nella figura di Dio. Purtroppo l’antieroe di Woody Allen non ha la stessa fortuna, o per meglio dire, la stessa via di fuga.
“Sicurezza e tranquillità possono significare essere disperati”, da La malattia mortale di Søren Aabye Kierkegaard.
Abe vorrebbe essere molto più pragmatico e molto più legato alle cose del mondo. Sostiene l’importanza dell’esperienza sensibile, perché solo grazie a essa possiamo sentirci veramente in grado di giudicare. Questo è a tutti gli effetti il pensiero di Kant. Ma l’esperienza può davvero aiutarci a capire e formulare un giudizio universale? Se questo assunto vale per le scienze, dovrebbe valere anche per la morale?
“Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche come scopo, e mai come semplice mezzo”, da Critica della ragion pura di Immanuel Kant.
All’appello manca Sartre e il suo famoso “L’inferno sono gli altri”, pronunciato dal professore durante una lezione, senza dare ulteriori spiegazioni. Forse Allen ha appositamente omesso una spiegazione di modo che noi spettatori la cogliessimo e la analizzassimo? Che cosa vuol dire “l’inferno sono gli altri”? Potrebbe voler dire che è meglio una vita in cui è meglio imparare a stare bene con se stessi poiché spesso gli altri ci giudicano senza mettersi nei nostri panni? Oppure potrebbe riferirsi al nostro consueto modo di vivere, ovvero non attraverso i nostri occhi e i nostri princìpi, ma attraverso quello che crediamo che gli altri vedano in noi? Insomma, la faccenda sembra essere parecchio complicato. Sta di fatto che Abe vive questa sua terribile condizione esistenziale proprio perché, indipendentemente dal valore che si vuol dare all’assunto di Sartre, si sente giudicato dagli altri. Cosa fare allora per ristabilire l’equilibro nella propria esistenza? Fare una scelta. Una scelta che si rivela essere del tutto irrazionale: uccidere un uomo, un giudice senza scrupoli per la precisione, disposto a togliere i figli a una madre ormai disperata per affidarli esclusivamente a un padre inaffidabile, almeno a detta della madre.
“Ciò che non è assolutamente possibile è non scegliere”, da L’esistenzialismo è un umanismo di Jean-Paul Sartre
Premessa: Abe non conosce questa donna, la sente solo parlare in un bar.
Un gesto sadico quello del professore che però, secondo il suo ragionamento, gioverà sia a lui, perché così avrà fatto del bene a una povera donna indifesa, sia a lei perché avrà la possibilità di riavere i figli con sé. Abe non rinnegherà mai questa scelta anzi, ne andrà sempre più fiero, anche quando scoprirà che un altro uomo è stato ingiustamente accusato. “Un omicidio porta sempre a un altro omicidio” sostiene Jill, una delle studentesse preferite del professore, nonché sua amante. E’ lei a scoprire la verità e a cercare di riportare l’uomo alla razionalità. Jill è una grande sostenitrice della morale in senso stretto, secondo cui dal male non può che derivare solo altro male. Le cattive azioni per lei sono solo un deterrente se si vuole fare qualcosa di buono. Abe sostiene invece che nella vita bisogna essere pratici, agire e smettere di piangersi addosso, anche a costo di fare del male. Durante il finale del film, che non voglio svelare, mi sono detta “certo che il postino suona sempre due volte!”. Insomma chi la fa l’aspetti. Per chi avesse tempo e voglia di vedere questo bellissimo film, vi consiglio di fare attenzione a un oggetto apparentemente insignificante ma che in realtà avrà un ruolo importantissimo alla fine della storia, come spesso accade nei film di Woody Allen.
Buona visione!